Giovani e Psicosi: l’importanza cruciale della diagnosi precoce

da antonioradicchio
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L’insorgenza dei disturbi psicotici nei giovani è un tema di crescente importanza nell’ambito della salute mentale. Molti ragazzi lamentano paura, angoscia, chiusura e diffidenza. Sono solo alcuni vissuti che i giovani avvertono come una sofferenza non condivisibile con i pari o con i caregiver. È fondamentale, dunque, che i caregiver e gli operatori sanitari prestino attenzione ai segnali precoci dei disturbi psicotici nei giovani e cerchino di fornire sostegno tempestivo.

La psicosi rappresenta una categoria di disturbi caratterizzati da una perdita di contatto con la realtà, in cui l’individuo può sperimentare allucinazioni, delusioni, pensiero disorganizzato e cambiamenti significativi nel suo comportamento e nella sua percezione del mondo circostante. Mentre i disturbi psicotici possono colpire persone di tutte le età, è particolarmente preoccupante quando coinvolgono i giovani, poiché possono avere un impatto significativo sulla loro crescita, sul loro sviluppo e sulle loro prospettive future. L’età di insorgenza dei disturbi psicotici varia, ma molti casi si manifestano durante l’adolescenza o all’inizio dell’età adulta.

La Schizofrenia e il Disturbo Bipolare rappresentano due severe malattie mentali complesse ad eziologia sconosciuta, la cui diagnosi viene posta sulla base di criteri clinici, poiché non esistono test patognomonici che permettano di formularla. In particolare, da un punto di vista clinico, la Schizofrenia si caratterizza per sintomi appartenenti a tre principali cluster: sintomi positivi (come deliri e allucinazioni), sintomi negativi (come ritiro sociale, apatia, abulia) e sintomi cognitivi (come deficit della memoria e dell’attenzione); invece, il Disturbo Bipolare si caratterizza per episodi di oscillazioni del tono dell’umore in senso maniacale, depressivo o misto, associati a disturbi del pensiero, del comportamento e, alle volte, a sintomi psicotici.

 

L’eziologia della schizofrenia rimane complessa e multifattoriale, coinvolgendo una combinazione di fattori genetici, neurobiologici, ambientali e psicologici. Alcuni punti chiave includono:

 

Fattori Genetici: Studi condotti su gemelli e famiglie hanno dimostrato che l’ereditarietà svolge un ruolo significativo nella schizofrenia. Tuttavia, non esiste un singolo gene responsabile della malattia, ma piuttosto una complessa interazione di molteplici geni di rischio.

 

Fattori Neurobiologici: Le anomalie nella neurotrasmissione dopaminergica nel cervello sono state strettamente associate alla schizofrenia. Altri sistemi neurochimici, come il glutammato e la serotonina, possono anche essere coinvolti.

 

Fattori Ambientali: Alcuni fattori ambientali possono aumentare il rischio di sviluppare schizofrenia, tra cui eventi stressanti durante la gravidanza, infezioni virali precoci, complicazioni durante il parto e abuso di sostanze.

 

Fattori Psicosociali: L’ambiente di crescita, tra cui l’esposizione a traumi, l’isolamento sociale e l’uso di droghe, può influenzare il rischio di sviluppare schizofrenia.

 

Il rischio genetico.

L’identificazione di un rischio genetico per la schizofrenia è importante perché numerosi studi hanno dimostrato che l’ereditarietà svolge un ruolo significativo nella patofisiologia di questa malattia. Il fatto che avere un parente di primo grado con una diagnosi di schizofrenia o disturbo schizotipico di personalità possa aumentare il rischio di sviluppare la schizofrenia è un elemento chiave nel campo della ricerca sulla genetica della schizofrenia. Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che i parenti di primo grado di individui affetti da schizofrenia hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia rispetto alla popolazione generale. Questo suggerisce che esistono componenti genetiche che contribuiscono alla suscettibilità alla schizofrenia.

 

La sindrome prodromica.

È stata descritta come una manifestazione di premonizione della schizofrenia, prima che inizino specifici sintomi, spesso identificata retrospettivamente, quando i sintomi sono già diagnosticati!

La fase prodromica, come descritta da Bleuler nel 1911, è il periodo critico che precede il primo episodio di psicosi, noto come “First Episode of Psychosis” (FEP). Questa fase è caratterizzata da un cambiamento comportamentale e da un declino nel funzionamento occupazionale, personale e sociale rispetto al livello precedente. Durante questa fase, possono emergere sintomi che rientrano nello spettro psicotico, ma la loro frequenza, durata e intensità sono al di sotto della soglia diagnostica della fase conclamata della malattia psicotica, quindi non è ancora possibile diagnosticare la malattia in questa fase. La durata della fase prodromica può variare da giorni a mesi, e in alcuni casi fino a cinque anni. La fase prodromica viene considerata un periodo critico perché è in questo momento che si verificano cambiamenti biologici e psicosociali cruciali che possono influenzare in modo significativo l’evoluzione a lungo termine della malattia, spingendola verso la schizofrenia o, alternativamente, consentendo il recupero e il ripristino di un percorso di vita adeguato alle esigenze individuali. Durante questa fase, è possibile identificare potenziali marcatori di rischio per la progressione verso la psicosi, e questo è di grande importanza per la ricerca e la prevenzione. Inoltre, la fase prodromica offre l’opportunità di studiare l’efficacia di trattamenti biologici e psicosociali finalizzati a prevenire la transizione verso una condizione di psicosi completa. Un esempio di parametro importante è la “Duration of Untreated Psychosis” (DUP), ovvero la durata della psicosi non trattata.

 

Evidenze scientifiche hanno dimostrato che una DUP prolungata è associata a un peggioramento del decorso della malattia, sottolineando l’importanza di un intervento tempestivo nella gestione delle psicosi.

 

Approssimativamente l’80-90 % dei pazienti con schizofrenia hanno una fase prodromica caratterizzata dalla comparsa di sintomi attenuati o sottosoglia che sembrano essere in continuum con i deliri e le allucinazioni. I sintomi prodromici più comuni includono perplessità, credenze inusuali, sospettosità e sensazione di rumori indistinti. La linea di demarcazione tra la fase prodromica e quella psicotica risiede tra quando i sintomi diventano più frequenti, pervasivi e compromettono il funzionamento, con perdita dell’insight così come dell’esame di realtà, in relazione a credenze ed esperienze. Sebbene ci sia molta variabilità, la fase prodromica dura in media 1 anno.

 

I sintomi tipicamente associati sono:

 

Ritiro sociale, isolamento, modificazioni del pensiero negli aspetti formali e del contenuto, deterioramento dell’igiene e dell’ordine, scoppi di rabbia, comportamenti inusuali, cambio repentino di abitudini, inadeguatezza nell’esprimere emozioni, difficoltà di concentrazione.

 

La fase prodromica a rischio per l’insorgenza della schizofrenia è effettivamente stata definita in vari modi nella letteratura internazionale e ci sono stati diversi criteri di riferimento validati per identificarla. Ecco un riassunto delle diverse terminologie e dei criteri di riferimento:

 

ARMS (At Risk Mental State): Questo termine è stato introdotto da Yung et al. nel 1996 per descrivere lo stato mentale a rischio. Rappresenta uno stato in cui i sintomi o i segni precedono l’insorgenza completa della schizofrenia

 

UHR (Ultra High Risk): Si tratta di criteri di riferimento utilizzati per identificare gli individui a rischio ultra elevato di sviluppare la schizofrenia. Questi criteri includono segni come disorganizzazione del pensiero, sospetti sintomi psicotici e un deterioramento funzionale significativo.

 

CHR (Clinical High Risk): I criteri CHR sono simili a quelli UHR e sono utilizzati per identificare gli individui a rischio clinico elevato di sviluppare la schizofrenia. Questi criteri includono sintomi come idee deliranti sospette, allucinazioni e un funzionamento sociale deteriorato.

 

È importante sottolineare che i CHR (Clinical High Risk) sono individui che presentano un rischio aumentato di sviluppare disturbi psicotici, come la schizofrenia, ma non hanno ancora sviluppato sintomi completi di questa condizione. Questi individui solitamente sperimentano un elevato livello di angoscia e spesso cercano aiuto per problemi legati all’umore, all’ansia o ai fallimenti scolastici. Tuttavia, molte volte mantengono per sé stessi le alterazioni dei pensieri e delle percezioni finché non vengono specificamente indagati durante uno screening o una valutazione clinica. Tra coloro che sviluppano una forma completa di disturbo psicotico, come la schizofrenia, circa l’80% rientra all’interno di questo spettro. Questo significa che la maggior parte di coloro che erano inizialmente considerati CHR e che poi sviluppano una condizione psicotica completa, lo fanno all’interno del quadro della schizofrenia. Il restante 20% può invece sviluppare disturbi dell’umore o forme psicotiche atipiche, il che suggerisce che non tutti i CHR andranno incontro a una schizofrenia completa, ma alcuni potrebbero sviluppare altre forme di disturbo psicotico o disturbi dell’umore. La diagnosi e la gestione dei CHR sono importanti nell’ambito della psichiatria preventiva per cercare di prevenire o ritardare il progresso verso disturbi psicotici più gravi.

In generale, questi termini e criteri di riferimento sono stati sviluppati per consentire una diagnosi e un intervento precoce nella schizofrenia, poiché l’identificazione tempestiva di questi stati a rischio può essere cruciale per il trattamento e il supporto adeguati.

Nel campo della salute mentale, il trattamento dei disturbi psicotici ha compiuto significativi passi in avanti, e uno dei concetti più promettenti è l’intervento precoce nella psicosi. Questo approccio, noto anche come “trattamento all’esordio,” riveste un ruolo fondamentale nell’ottimizzare i risultati a lungo termine e nel potenziale ritardo o prevenzione del primo episodio psicotico. L’idea centrale di questo approccio è che una diagnosi e un trattamento tempestivo possano avere un impatto significativo sulla prognosi del paziente. Ma perché è così cruciale?

 

Migliorare gli esiti a lungo termine

Uno dei principali obiettivi dell’intervento precoce nei disturbi psicotici è migliorare gli esiti a lungo termine. I disturbi psicotici, come la schizofrenia, possono avere un impatto devastante sulla vita di chi ne è affetto. Senza un trattamento adeguato, possono verificarsi gravi disabilità sociali, lavorative e personali. Tuttavia, grazie a un intervento tempestivo, è possibile mitigare queste conseguenze.

 

Rallentare o Prevenire il Primo Episodio Psicotico

Un altro aspetto cruciale dell’intervento precoce è la sua capacità di ritardare o addirittura prevenire il primo episodio psicotico. Spesso, ci sono segnali precoci o sintomi subliminali che precedono un episodio psicotico completo. Riconoscere e trattare questi segnali in modo rapido ed efficace può rappresentare una svolta nella vita di una persona, offrendo la possibilità di evitare o attenuare l’impatto devastante di una psicosi completa.

 

L’Intervento Precoce e la Psicoterapia Fenomenologica: Illuminare il Percorso di Guarigione nelle Psicosi

La gestione dei disturbi psicotici è spesso associata a un trattamento a lungo termine, l’intervento precoce può contribuire a migliorare la prospettiva di guarigione. Con una diagnosi precoce e un piano di trattamento adeguato, molte persone con disturbi psicotici possono raggiungere una stabilità significativa e persino recuperare completamente le loro funzioni.

La psicoterapia fenomenologica è un approccio terapeutico che può essere utilizzato nel trattamento delle psicosi. Questo approccio si basa sul metodo fenomenologico, che si concentra sull’esplorazione delle esperienze soggettive e sulla comprensione della realtà dalla prospettiva del paziente. Nel contesto delle psicosi, la psicoterapia fenomenologica mira a esplorare e comprendere le esperienze del paziente, aiutandolo a dare senso alle sue percezioni, pensieri e emozioni in modo non giudicante.

È importante sottolineare che il trattamento delle psicosi richiede un approccio multidisciplinare che può includere farmaci antipsicotici, interventi di supporto sociale e altre forme di terapia. Tuttavia, per alcune persone, la psicoterapia fenomenologica può essere un elemento prezioso nel processo di recupero, aiutando a comprendere e affrontare le complesse esperienze legate alle psicosi. Il trattamento dovrebbe sempre essere personalizzato in base alle esigenze e alle preferenze del paziente.

In conclusione, l’intervento precoce nella psicosi è molto più di una pratica clinica; è una via verso un futuro migliore per coloro che affrontano i disturbi psicotici. Con la consapevolezza, la comprensione e l’accesso a servizi di trattamento tempestivo, si può cambiare il corso della vita di chi è colpito da queste condizioni, offrendo loro la speranza di una vita più sana e più appagante.

 
 

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